giovedì 12 marzo 2020

Istantanee: Guatemala, Belize e Messico (parte 2)

Da quando mi sono smart-fonizzato e netbook-izzato è diventato molto facile interagire con i social network anche durante i viaggi, e ho preso così l'abitudine di scrivere, ogni sera o quasi, su FB le mie riflessioni a caldo sulla giornata di viaggio appena trascorsa. In realtà all'inizio era più che altro un modo per informare mia madre della situazione in cui mi trovavo, ma poi mi sono accorto che in molti leggevano con piacere quello che scrivevo. Sotto l'etichetta Istantanee ho pensato dunque di raccogliere quei post, viaggio per viaggio, nazione per nazione, e di pubblicare l'insieme sul blog; ne viene così fuori uno scritto forse meno utile a livello di informazioni, ma molto più spontaneo e ruspante degli articoli ragionati su cui ho sempre basato i contenuti del blog stesso.
GUATEMALA-BELIZE-MESSICO (21/7/2019 – 27/8/2019) 
Il confine Belize-Messico è strano: per uscire si paga (40 dollari beliziani, circa 20 americani) e il funzionario che se ne occupava leggendo il mio passaporto non ha potuto esimersi dal dirmi di essere tifoso della Roma, poi i due posti di controllo distano tra loro qualche chilometro e in mezzo solo recinzioni. Se non si fermava una macchina di buon cuore che mi ha portato fino alla seconda barriera una volta passata la prima, mi sarebbe toccato farmela a piedi sotto il sole...con lo zainone sulle spalle...da morire. In realtà credo che nella free zone nella direzione opposta alla strada per i controlli messicani ci siano dei taxi, ma dal percorso non si vedono. Per il resto però anche questo confine è stato superato senza troppi patemi.
mustelide
Arrivare a Tulum dopo i pochi turisti stranieri (non pochi locali invece) del Guatemala e dopo la poca gente in generale del Belize è un po' come cambiare mondo: folla, quasi più occidentali che messicani, vita notturna e casino, un tipo di turismo che non mi appartiene molto, però il posto è bello.
Il famoso sito archeologico è piccolino e non tanto impressionante, ma inserito in un ambiente che lo rende unico a ridosso di una scogliera ricoperta di bassa vegetazione marina popolata da iguane e da simpatici mustelidi. La spiaggia è bella, purtroppo in questo periodo l'invasione di alghe è un problema reale e fare il bagno non è molto invitante.
Qui si gira bene in bici, però il sole picchia forte e il caldo è intenso e pedalare ti copre di sudore, allora vale la pena fare un paio di cose:
1 - er licuado m'ha ripijado otra vez (motto degli esploratori maya che dall'interno si spostavano verso la costa)...però in Guatemala i licuados erano più boni;
2 - buttarsi in un cenote.
L'ingresso nelle caratteristiche formazioni geologiche della zona, dei grandi buchi nel terreno con grotte pieni di acqua limpidissima, non te lo regalano affatto, però poi non vorresti andare più via. Già il luogo è quantomeno accattivante, ma l'acqua oltre a essere uno specchio è pure bella fresca e ti rimette al mondo. Si, nuotare in un cenote è bellissimo e ti fanno pure compagnia le tartarughe.
iguana
Il pueblo di Tulum non è né caratteristico né pittoresco, spostandosi a Valladolid invece si rientra magicamente in un ambiente più autentico. Certo i turisti non mancano, però è l'atmosfera data da chi ci vive che prende il sopravvento, la città poi è molto graziosa con le file di casette colorate che cingono le vie del centro e la classica bella piazza-parco centrale coi portici e la chiesa.
Tutto ciò però non basta a farne una destinazione turistica ed è nient'altro che un contorno al fatto che Valladolid è la base di partenza più comoda e vicina al sito archeologico più importante di tutta l'America centrale (o almeno così disse un famoso sondaggio). 
Si può discutere a piacere su quanto le nuove 7 meraviglie del mondo abbiano ragione di esserlo, ma la verità è che stiamo tutti lì in trepidazione nell'attesa di poterle ammirare tutte.
chichen itza
Chichen Itza è la quarta che riesco a visitare e a conti fatti posso dire che sarebbe stato più grande il rimpianto se non ci fossi andato che l'effettiva soddisfazione per averla vista.
Il sito è altamente scenografico ma presenta un paio di problemi:
1 - può entrarci solo chi ha entrambi i reni perché uno glielo devi lasciare per pagare il biglietto.
È il sito maya più esteso? Certamente no.
È il più bello? Non ne sarei così sicuro.
È quello meglio restaurato e aggiustato per il pubblico? Assolutamente.
C'è qualcosa che giustifichi il prezzo d'ingresso oltre 6 volte più alto degli altri siti archeologici centroamericani? Neanche lontanamente, ma è lui ad avere intascato il titolo di "meraviglia".
Tra l'altro, la LP che cazzo ce li mette a fare i prezzi delle attrazioni sulla guida se poi nella realtà sono più alti di quantità che vanno dal 50% al 150% (e sto parlando dell'ultima edizione)?
2 - rischi costantemente l'arresto per aver preso l'aggeggio che soffiandoci dentro simula il verso del puma e averlo fatto ingoiare (mi sono trattenuto) a quelli che li vendono o averlo fracassato in testa al ragazzino i cui incauti genitori hanno commesso l'errore di comprarlo e da mezz'ora sta frantumando gli zebedei a chiunque si trovi nei dintorni.
A parte ciò, è comunque un'emozione non da poco trovarsi al cospetto della grande piramide di Chichen Itza.
Una notizia alquanto piacevole invece è che a Valladolid c'è un cenote in pieno centro urbano, così il pomeriggio è volato sguazzando allegramente nell'acqua fresca in uno scenario splendido.
titti town
Merida è la prima grande città in cui capito da quando ho lasciato Mexico City ed è vitale, vibrante, Messico allo stato puro. Nonostante la griglia ortogonale di strade che la caratterizza il centro è disordinato, mentre già qualche isolato più fuori è tranquilla e fatta dalle classiche casette colorate che però, pur se caratteristiche presentano il problema di non fare ombra e infatti queste città del sud sono un maledetto forno. Lo sguardo difficilmente può spaziare e dove ci sono le piazze, gli alberi coprono comunque la vista: questo toglie un po' le immagini pittoresche, nonostante tutto però Merida lascia una buona impressione. 

Una ricerca in rete mi ha mostrato che non è solo Chichen Itza ad essere enormemente più caro, bensì tutti i siti archeologici nello stato dello Yucatan, che quest'anno ha aumentato le tariffe in maniera esponenziale rispetto agli altri stati messicani.
Avendo già visitato 4 siti e avendone in programma almeno altri due fuori dallo Yucatan, questo ha risolto subito il mio dubbio se andare o no anche a Uxmal, così per una gita fuori porta da Merida ho optato per Izamal.
er licuado
In Messico l'appellativo "pueblo magico" è abusato: qualunque area urbana abbia un gruppetto di case colorate o qualche portico (o anche se non ce l'ha in effetti) schiaffa la scritta "pueblo magico" da qualche parte, persino Tulum, il cui centro urbano ha più o meno la bellezza di Aprilia, ma in realtà quelli ufficiali sono solo alcune decine.
Ecco, Izamal è a pieno diritto tra questi.
Cos'ha di speciale? Casette, stradine e portici naturalmente, ma anche un bel monastero e qualche resto archeologico con una bella piramide. La particolarità però è che invece del solito melting pot di colori, qui è tutto rigorosamente giallo! Una sorta di Titti Town.
Il mercato (anzi, i mercati, sono due attaccati) di Merida è una babele, un formicaio, ci trovi di tutto e non sai dove guardare; io ho comprato un po' di preparati vari con spezie che sembrano melma colorata che servono per cucinare i piatti della zona. C'è anche una ruspantissima sezione pescheria dove servono splendidi ceviche, peccato esserci capitato alle quattro del pomeriggio, però facevano anche dei mastodontici licuados a prezzi ridicoli, così non mi sono potuto esimere: anche quello al melone è buono, però il migliore rimane quello alla papaya.
street art a san cristobal
Restando in tema di pueblos magicos, Campeche non è un pueblo ma una città vera e propria ma magica lo è di certo. Forse è la città coloniale più pittoresca che ho visto finora in Messico. Importante è però che stavolta al mercato ci sono arrivato all'ora di pranzo e da brava località di mare la sezione pescheria è più che soddisfacente, così mi sono sfondato di ceviche e ho potuto provare anche il "cazon" (no, non sono passato improvvisamente all'altra sponda, trattasi semplicemente di una specialità locale, ovvero squalo arrostito). Ho approfittato anche per fare spesa che domani il trasferimento in bus è lungo e mi servono dei panini (con cazon e aguacate ovviamente, ma anche tocino e queso).
Considerazione 1: nella taqueria dove sto cenando i boccali di birra alla spina sono da un litro...a meno di due euro.
Considerazione 2: dopo aver toccato il mar caraibico a Livingston e in Belize, oggi a Campeche mi sono affacciato pure sul golfo del Messico. 

6 ore sono lunghe a passare, ma attraversando gli stati di Campeche e Tabasco per approdare finalmente a Palenque, in Chiapas, l'attenzione non può che venire catturata dai nomi delle località toccate o sfiorate: Conquista Campesina, Emiliano Zapata, La Libertad, El Triunfo, c'è anche El Italian, così l'anima rivoluzionaria piagata dalle notizie che leggo in rete sulla situazione nello stivale almeno un po' si riprende.
vertigini
Pure sotto la scritta "Palenque" ovviamente compaiono le paroline "pueblo magico" anche se solo a causa delle rovine, però il pueblo è piacevole e vivace, con una parte piena di alberi. Di assolutamente magico invece c'è la zona archeologica, il sito maya più bello di tutti secondo me (e secondo parecchia altra gente a quanto pare), con il non trascurabile vantaggio dell'assenza di venditori dell'attrezzetto che simula il verso del puma (o del giuaguaro che sia, insomma di un GG). Purtroppo bisognava ripartire subito: per San Cristobal de las Casas c'è solo un bus che non parte di mattina presto o di sera e in ogni caso invece di percorrere quei poco più di 100 km (in salita) diretti si esibisce nei cosiddetti "vueltas de Jose" (i giri de peppe per chi non avesse capito) passando per Villahermosa, Cardenas e Tuxtla, praticamente come andare da Roma a Viterbo passando per Pescara e Ancona, impiegando così 9 ore.
La notizia positiva è che si torna sulle montagne e fino al mio ritorno in Europa non scenderò più sotto i 1500 metri, per cui ho finalmente finito di sudare come un guanciale appeso in un bagno turco.
uno dei tanti
San Cristobal de las Casas è un altro gioiellino coloniale, un po' turistica forse ma anche piena di pittoreschi angoli semideserti, peccato per alcuni dei punti più interessanti ingolfati da bancarelle di artigianato/cineserie e dalle file di furgoncini colectivos.
Una curiosità, già notata da qualche giorno ma qui al suo apice, è la presenza di tanti vecchi bellissimi maggiolini che scorrazzano sulle stradine acciottolate.
Altra curiosità: tequila e sombrero sono simboli nati a Guadalajara, a nord, in centroamerica il cappello più comune è il panama e il distillato tipico è il mezcal. 

Una delle escursioni più gettonate e spettacolari da San Cristobal de las Casas è quella al canyon del Sumidero, una profonda ferita tra le montagne scavata dal fiume Grijalva che poi l'ha riempita dopo la costruzione di una diga. Il tragitto in lancia sul fiume è eccezionale, basti pensare che in alcuni punti le pareti rocciose raggiungono l'altezza di un chilometro mentre tra la vegetazione e le rocce si possono scorgere tanti uccelli e le scimmiette ragno oltre addirittura a qualche coccodrillo. La vista dai miradores su in alto poi è da pura tremarella.
monte alban
Le lance partono da Chiapa de Corzo, un pueblo magico ufficiale che però oltre a una grande piazza con portici tinti di bianco e rosso e al centro una costruzione mudejar in mattoni che ospita una fontana e una chiesona con gli stessi colori non ha molto altro da offrire, bancarelle di cibo e curiose bevande fresche chiamate pozoles a parte (buona ma il licuado è mejo).
Dopodiché, era arrivato il momento di lasciare il sud e iniziare la faticosa risalita verso gli altipiani centrali del Messico, che in effetti però come latitudine stanno più a sud di Merida. Un bus notturno mi ha scaricato a Oaxaca (con la "x" che si pronuncia aspirata come una "j" rendendo la parola difficile da pronunciare senza incartarsi, un po' come Kyrgyzstan), patria del mezcal, fatto questo sottolineato abbondantemente dalle tante cantine che lo producono lungo la strada e dagli insoliti orti con le piante di agave in fila.
Oaxaca (oakh...oah..eccheccazzo!) vanta però uno dei siti archeologici più particolari e interessanti della nazione, Monte Alban: oltre al nome che richiama i cari colli culla, scusate l'allitterazione, della civiltà romana o il carismatico ispettore siciliano (o volendo l'apprezzato scrittore catalano cui è dedicato il nome del personaggio), queste rovine sono infatti riconducibili alla cultura zapoteca, precedente sia agli aztechi che ai maya. Il sito, bellissimo, è in una posizione privilegiata sul cucuzzolo di una montagna da cui si domina tutta Oaxaca (oa-haka...basta, mó la chiamo FRANCO) e le vallate circostanti aggiungendo fascino all'insieme.
chipilinas
Il centro storico di FRANCO è il classico gioiello coloniale dove ai colori tipici del sud si mischiano anche gli edifici di grezza pietra ocra tipici degli altopiani, peccato che la cattiva pratica messicana, qui ad alti livelli, di ingolfare gli spazi più scenografici con bancarelle e tendoni posizionati a cazzo insieme ad alberi frondosissimi (senza i quali però le piazze messicane sarebbero dei veri e propri barbecue) limitino parecchio l'impatto visivo. Come altrove però, basta spostarsi anche di poco dal centro della scena per scoprire angoli deliziosi.
Qua se magna pure bè, al mercato che è aperto anche la sera c'è un corridoio dove arrostiscono di tutto. Si, FRANCO c'è piaciuta 

Avevo notato quelle montagnole nelle bancarelle dei mercati ed ero consapevole di cosa sembrassero, ma i diversi colori delle salse e spezie sviavano l'attenzione; poi ieri guardando con più attenzione, la conferma, qui vendono cavallette ovunque, affumicate, essiccate o fritte: le chipilinas sono uno snack comunissimo. Pensavo fosse roba principalmente asiatica.
puebla
Vabbè, comunque, lasciata FRANCO, la via verso il ritorno alla capitale mi ha portato a Puebla, una metropoli di cui tutti conoscono il nome ma dove pochi turisti vanno (italiani quasi nessuno in effetti, quello dell'ostello mi ha detto che da lui ero il secondo in due anni) nonostante l'UNESCO abbia dichiarato tutto il suo centro storico patrimonio dell'umanità. Colpisce il fatto che una città dalla bellezza così sconvolgente venga ignorata massicciamente dai miei connazionali; che sia anche questo uno specchio delle statistiche che ci vedono tra i popoli più ignoranti del mondo (come se non bastasse già la situazione politica)?
La città vecchia è un tripudio di colori e di palazzi dalle splendide facciate abbellite dagli azulejos, cortili ameni e diverse dozzine di stupende chiese grandi e piccole. Una vera meraviglia accompagnata da una popolazione gentile e da un'atmosfera rilassata che mai farebbe pensare di trovarsi al centro di un agglomerato di oltre due milioni di abitanti.
Parlando di ritorni a Città del Messico, in realtà nella megalopoli ci sono già tornato, ma solo per uno stop and go alla volta di un minitour verso nord a toccare altri tre di quelli che dovrebbero essere i gioielli UNESCO del paese, il primo dei quali porta il nome di Guanajuato.
ristorante a tema rane
Un posto insolito, dalla pianta urbana molto particolare, con un labirinto di serpeggianti stradine su diversi livelli e scalinate che le tagliano mentre dal nulla spuntano piazzette deliziose o la cupola di qualche chiesa. La città è formata da diversi borghi separati che si arrampicano su colline o riempiono le vallette e quello riconosciuto come "centro" sembra costruito apposta per comparire su instagram ad ogni angolo (mentre magari ha 400 anni), con tanti edifici coloniali sui percorsi principali e casette colorate che incombono sui fianchi dell'altura. La gente per strada è moltissima e in gran parte giovane (dovrebbe essere una città universitaria credo), la sera poi il "corso" chiude e il passeggio si fa più intenso.
Davvero una piacevolissima sorpresa, l'unico problema è stato, esplorandola nel secondo pomeriggio, fare degli scatti con luce decente, perché una regola ferrea del fare foto in città dagli spazi ristretti recita: sole basso, caca il casso! Se poi ci si mette pure un nuvolone nerissimo che all'improvviso si mette a scaricare gocce da un litro l'una...vabbè, ho anche tutta la mattina di domani fino a dopo pranzo, speriamo in un cielo complice. 

Il cielo alla fine qualche concessione l'ha fatta e poco prima di pranzo le nuvole si sono aperte, proprio al momento di salire al mirador e godersi Guanajuato in tutto il suo splendore. Qui di turisti ce ne sono parecchi, curiosamente anche molti più asiatici che a sud, dove erano quasi assenti; di italiani però nemmeno l'ombra, quelli stanno tutti a Playa del Carmen a fare il bagno e a magnà "da Gino" (sul cibo messicano comunque occorrerà una riflessione a parte).
a guanajuato
Piccole polemiche a parte (Salvini merda...ops, m'è scappato), parliamo della seconda tappa: avete presente quelle cittadine della Toscana dalle stradine acciottolate e il centro storico medievale dove molti stranieri amano andare a vivere, gli abitanti di città vanno a passare i week-end romantici e la vita è un po' più costosa?
Ecco, trasportate tutto in Messico cambiando "medievale" con "coloniale" e avrete San Miguel de Allende (però i toscani mica sò stronzi, il centro storico lo fanno a traffico limitato, no come qua). Il posto è molto pittoresco e adatto a fare foto ad effetto, però si avverte una certa aria di "costruito", di poco sanguigno, cosa che in Messico colpisce. Anche bar e ristoranti sono un po' pretenziosi, ma è bastato camminare qualche minuto allontanandosi dalla piazza centrale per scovare un grazioso e ruspante caffè dove alla richiesta di una birra grande mi hanno portato un bottiglione di Victoria bello freddo da 1,2 litri. C'era anche un jukebox con tutta musica mariachi, solo che poi un tipo è andato a smaneggiare (stavo per scrivere "smogne", ma poi capivano in pochi) ed è partita Jump dei Van Halen seguita dai Village People.
Considerazione 1: l'aguacate nell'hamburger ce sta da paura.
Considerazione 2: ma se qui e in Guatemala, dov'è endemico e fondamentale nella dieta, lo chiamano aguacate, la parola "avocado" da ndó cazzo è uscita?
Considerazione 3: er boccione da 1,2 litri aiuta a scrive!
a casa di diego rivera
L'ultima destinazione prima di tornare nella capitale e quindi in Europa è stata la storica Santiago de Querétaro (o anche solo Querétaro), una metropoli dal centro storico patrimonio UNESCO grazie agli edifici coloniali, alle belle piazze, alle stradine con le classiche casette colorate abbellite dai rampicanti in fiore e a un numero impressionante di chiese barocche di ogni taglia. Forse meno pittoresca a un primo sguardo ma dallo spirito moderno, piacevole e molto vivace (sarà che è anche sabato sera?), insomma non un brutto modo di congedarsi dal Messico. L'ultimo post infatti, come da tradizione, lo scriverò da casa, anche se tra ritorni a Città del Messico, lunghi voli transoceanici e scali senza fretta, manca ancora qualche giorno al mio rientro all'ovile 

Dopo una settimana necessaria per riprendersi e metabolizzare e dopo essere già tornato a scuola per le prime incombenze del nuovo anno scolastico, qualche considerazione a freddo sul viaggio appena concluso è doverosa.
sul balcone dell'ostello a guanajuato
Un'esperienza come sempre molto positiva, un'atmosfera diversa da quella della mia amata Asia ma che comunque lascia il segno: Messico, Guatemala e Belize insieme formano un itinerario di grande suggestione e dall'incredibile varietà riguardo agli spunti di interesse. Muovendosi infatti dalle montagne e dagli altipiani delle varie “sierras” verso le pianure a ridosso dell'oceano Atlantico ci si imbatte in bellissime città coloniali (colpisce come alcune città dalla bellezza incredibile siano quasi sconosciute ai turisti occidentali, mentre altri posti anche molto meno affascinanti siano invece famosissimi), meravigliosi siti naturalistici e rovine archeologiche indimenticabili, il tutto condito da una popolazione gentile che mostra interessanti risvolti culturali.
Proprio sull'interazione con i locali e la sicurezza vale la pena fare la prima considerazione perché su questa zona di mondo si dicono delle minchiate clamorose: sembra che a Città del Messico non si possa mettere piede per strada senza essere aggrediti mentre invece la megalopoli è molto più sicura di quanto non si possa immaginare; certo, alcuni quartieri sono probabilmente da evitare ma in quelli dove si muovono i turisti, che in massima parte sono messicani, con il solito necessario buonsenso non si è in pericolo più che in qualsiasi metropoli europea (ho idea che valga lo stesso discorso, anche se non posso confermarlo, per Guatemala city, città dalla fama pessima probabilmente ingiustificata, mentre Belize city è effettivamente un po' losca, con poca gente in giro e parecchi perdigiorno fermi ai lati delle strade, ma comunque anche lì non è successo niente), mentre negli altri posti la situazione è ancora più sicura e la popolazione è accogliente e sempre pronta ad aiutare (la mia avventura per raggiungere il lago Atitlan è sintomatica).
La differenza di tratti somatici tra le regioni a sud e est di Città del Messico, dove i geni maya si fanno sentire e i sorrisi e i saluti per strada sono frequentissimi, e quelle a nord e a ovest, dove le facce sono molto più europee e la gente ti si caca di meno (ma comunque sorrisi e saluti non scompaiono), è lampante.
domenica pomeriggio a mexico city
Capitolo cibo: la cucina popolare messicana (quella guatemalteca è molto simile) è celebrata ovunque e in effetti è gustosa ma un po' “intoppante” e alla lunga la sensazione è quella di mangiare sempre le stesse cose. In realtà la farcitura dei tacos è molto varia però alla fine...i tacos sono tacos, le quesadillas ancora non ho capito in cosa differiscono dai tacos, le tostadas sono tacos rigidi e croccanti, i burritos grossi tacos, le enchiladas cannelloni con varie salse ma la stessa pasta dei tacos e se prendi dei piatti sfusi ti portano a parte le tortillas dove tu metti il cibo creando dei tacos. Per cambiare prendi la “torta”, che altro non è che un panino col pane morbido (alcune sono goduriosissime) oppure cedi ed entri in uno dei tantissimi cinesi a farti un bel piatto di noodles. In tutto ciò però, alcuni tacos di pesce sono risultati degli autentici capolavori. L'aguacate, o avocado che dir si voglia, lo infilano proprio dappertutto.
Infine un paio di curiosità: la prima è che durante tutto il viaggio, praticamente la metà delle attività commerciali, principalmente di ristorazione ma non solo, esponevano cartelli di ricerca del personale (se solicita mesero, cocinero, tortero, barman, commesso ecc...), certo gli stipendi saranno molto bassi ma l'offerta di lavoro è davvero imponente. L'altra è che nonostante le mie incursioni ben a nord di Città del Messico, la località più settentrionale da me toccata è stata Merìda: incredibile come la sensazione geografica possa fare totalmente cilecca alcune volte, infatti loro per quelle zone non parlano di sud ma di “oriente”. Ah, oriente...prossima volta per forza si torna in Asia. 

Ecco infine anche la seconda parte del video con tutte le località attraversate:



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